“La gioia di essere cristiani” – il libro

La gioia di essere cristiani

In occasione del prossimo Natale sarà in libreria un nuovo libro che raccoglie le lettere mensili ai catechisti che ho inviato in questi ultimi tre anni del mio mandato come direttore dell’ufficio catechistico diocesano.

Abbiamo convenuto con l’editore di “Itaca”, il dott. Eugenio Dal Pane, di intitolarlo: “La gioia di essere cristiani”. Anche se si tratta di lettere rivolte ai catechisti della diocesi, inevitabilmente esse affrontano la domanda implicitamente presente: “Cosa vuol dire essere cristiani oggi”?

Essere cristiani vuol dire prima di tutto “tenere fisso lo sguardo su Gesù” (Ebr 12,2) come dice la lettera agli ebrei. Lasciarsi avvolgere e travolgere dal fascino di Lui, lasciarsi raggiungere da Lui che ci viene incontro, ravvivare l’Incontro con Lui fino a sperimentare che Lui e Lui solo è l’Uomo vero e intero, che Lui è la pienezza dell’umano e che fuori di Lui, senza di Lui, è impossibile essere veramente e interamente umani. Questo dialogo con i catechisti si propone di sottolineare il primato  di Cristo come fonte di gioia vera e duratura. L’Incontro con Lui, infatti, mi rivela che Egli risponde e corrisponde ai miei desideri profondi, alle mie aspettative irrinunciabili e ai miei bisogni costitutivi.  Lui è il Logos, Lui è il senso, il significato, la spiegazione di tutto e di tutti, Lui è anche la Parola che chiama, che mi vuole e mi desidera, che aspetta la mia risposta. Lui, dunque, non è solo spiegazione della realtà, è anche l’amore di cui sono fatto e per cui sono fatto.

C’è però una difficoltà. Dove posso sperimentare questo Incontro? Esso è sicuramente un’avventura meravigliosa, ma come e dove può diventare un’esperienza umana, concreta, oggettiva?

A questo proposito S. Anselmo d’Aosta dice molto significativamente: “ O Signore, tu sei il mio Dio e sei il mio Signore e non ti ho mai visto….sono stato fatto per vederti e non ho ancora fatto ciò per cui sono stato fatto”.  (S. Ansemo d’Aosta, Proslogion, BUR p. 71) Ci viene incontro S. Giovanni nel prologo della sua prima lettera:”Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita –la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi –, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena.(1Gv 1,1-4) Il Mistero non è più inaccessibile, è diventato, con Gesù e per Gesù, un’esperienza concreta, oggettiva. Noi abbiamo udito, veduto toccato, la Vita si è resa visibile, Colui che è l’essenza della nostra vita, Colui senza del quale noi saremmo un puro nulla, si è manifestato, si è reso visibile. Lui, la nostra vita, è entrato per sempre nella nostra storia. Dove lo possiamo vedere oggi? Nella Chiesa, nella comunità cristiana radunata nel suo Nome, nella comunità che costituisce il suo corpo visibile, nella testimonianza visibile dei suoi santi, di ieri e di oggi, nei miracoli, presenti ancora oggi fra noi, di uomini e donne che testimoniano con la loro vita una Presenza e una potenza che non è di questo mondo.

Essere cristiani allora vuol dire imparare a essere in un certo senso “passivi”. Ancora oggi, purtroppo, si pensa che il cristianesimo sia prima di tutto un insieme di precetti e comandamenti,  un certo tipo di comportamento morale e quindi uno sforzo di volontà per adeguarsi alle esigenze della perfezione richiesta. No, il cristianesimo è Cristo, l’Uomo nuovo, è Grazia, è dono, è l’Amore gratuito di Dio, è la Potenza dello Spirito Santo che è Dono per eccellenza e io devo solo fare spazio al Mistero, accogliere Colui che viene, devo solo lasciarmi fare, plasmare, forgiare da questo Fuoco. In questo senso dobbiamo essere “passivi”. Non sono io che costruisco la mia perfezione, io devo solo seguire Gesù, andare dietro a Lui, obbedire.  Perché affannarsi tanto quando è così semplice obbedire”? (Paul Claudel)

L’Attore principale, decisivo è Lui. In questo senso Gesù è la libertà, la vera libertà. Allora seguire Lui è la fonte della gioia. Non possiamo e non dobbiamo proporre un cristianesimo moralistico,  pessimista, oppressivo, rinunciatario, minaccioso.

Di fronte alla Rivelazione di Gesù la risposta del credente non può essere che lo stupore e la gratitudine uniti alla gioia e alla beaitudine. Alla base della mia esistenza c’è un Mistero di amore che mi precede, mi trascende e mi costituisce. Questa è la via della mia eterna felicità.

Ma la Rivelazione cristiana è formidabile perché non ignora il mistero del dolore, del male e della morte, dà un senso e una risposta anche a questi interrrogativi che l’uomo si pone da sempre.

La risposta la riassumo con un unico esempio che ho segnalato proprio in questo libro. Si tratta

di una cappella laterale della collegiata di Empoli in cui l’artista anonimo ha rappresentato con una intuizione geniale e originale gli angeli che giocano con gli strumenti della passione: chiodi, funi, martello, corona di spine…E’ un messaggio chiaro e forte: nelle mani di Dio anche il dolore, il male il sommo male, perché la passione del Figlio di Dio è la somma manifestazione del peccato umano, diventa fonte di letizia e di gioia. La potenza di Gesù sta proprio in questo: trasformare il dolore in gioia, il peccato nella gloria di Dio, la morte in vita, la terra in cielo, il tempo in eternità.

Insomma anche questa nostra povera realtà umana, in ultima analisi, diventa una specie di sacramento che nasconde e rivela il Mistero, la salvezza. Per questo ho parlato di catechesi della vita e per la vita. E’ dalla vita quotidiana, nella vita quotidiana  che siamo chiamati a riconoscere la Presenza di Dio che agisce e opera nella storia. In questo modo tutta la vita, tutta la storia, tutta la realtà, buona e meno buona, diventa segno che annuncia la superiore voce di Dio che si serve di tutto per chiamare a sé ognuno di noi. Questo diventa un modo anche per riconciliarci con la vita di tutti i giorni, con le sue luci e con le sue ombre, perché in tutto dobbiamo riconoscere la voce di Dio che chiama. Cosi facendo noi impariamo che Gesù c’entra con tutto, con tutti gli aspetti e le dimensioni della nostra vita quotidiana anche quelle che sembrano più profane. Per questo ho affrontato in queste lettere anche il tema del gioco, delle vacanze, come pure della pandemia e tanti altri. “Tutto è vostro ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio”. (1 Cor 3,22-23) Al cristiano nulla è estraneo, tutto gli appartiene perché appartiene a Cristo e Cristo è la fonte e il fine di tutto. Per questo il credente ha un unico compito:Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono.  (1 Ts 5,21) Ciò vuol dire che in ogni realtà c’è qualcosa di buono, anzi secondo il testo originale greco,  di bello. Siamo chiamati, insomma, a trattenere il valore, l’eterno, presente in tutte le cose.